Peter T. Leeson – L’economia secondo i pirati. Il fascino segreto del capitalismo.

7,00 

Editore: Garzanti
Formato: Copertina rigida con sovracopertina
Anno edizione: 2010
Condizioni:  Appunti a matita nelle ultime pagine bianche, poche sottolineature a matita nel testo. Per il resto il volume è in ottimo stato.
Pagine: 300

Mostri anarchici, diavoli incarnati, profanatori di tutte le leggi umane e divine, nemici del genere umano: difficile trovare le parole adatte per definire i pirati e il terrore che ispiravano.

Tuttavia, argomenta Peter Leeson, professore di economia, da sempre grande appassionato di corsari e bucanieri, a governare le imprese dei più famigerati criminali della storia non furono soltanto l’avidità e la ferocia.

Quelle ciurme mal assortite, che raccoglievano sbandati ed emarginati delle più varie provenienze, seguivano in realtà un comportamento assai razionale.

Il loro sistema di autogoverno era molto più tollerante delle altre istituzioni a loro contemporanee, tanto che si meritarono loro l’ammirazione e il rispetto di molte menti illuminate.

L’economia secondo i pirati applica la «logica economica» ai pirati e ci dimostra che le leggi del capitalismo, così come le aveva identificate Adam Smith, spiegano alla perfezione persino un comportamento tanto insolito come quello dei pirati. Le procedure seguite per eleggere il capitano e per la spartizione del bottino rappresentano un esempio di democrazia e di equità, e dunque di efficacia sul lungo termine. I pirati avevano fama di tener fede alla parola data.

La loro politica, basata sull’intimidazione contro il nemico esterno e sul buon governo al proprio interno, portava sostanziosi vantaggi. Se ne rallegrava l’audace capitano Bartolomew Roberts, elogiando la vita breve ma felice dei suoi compagni d’avventure: «In un lavoro onesto ci sono pasti magri, bassi salari e dura fatica. Nel nostro lavoro ricchezza a sazietà, piacere e agio, libertà e potere».

«Voi derubate il povero con la copertura della legge, mentre noi saccheggiamo il ricco con la sola protezione del nostro coraggio.»

Samuel Bellamy, ovvero Sam Black, capitano pirata

«Fa capire come la mano invisibile del mercato produca coesione sociale perfino tra i pirati.»

«Scientific American»

«I pirati erano capaci di beffarsi delle potenze del mondo e di elaborare insieme strumenti semiotici piuttosto sofisticati – e tutto allo scopo di minimizzare i costi e massimizzare i profitti delle loro… imprese. Qui valeva – ci dice Leeson – la legge dell’Uncino Invisibile di Adam Smith. La ricerca dell’utile personale di ciascun cittadino finiva per produrre la ricchezza della nazione; allo stesso modo, l’egoismo di ciascun pirata era funzionale all’economia di quello “stato in miniatura” rappresentato dalla nave di questi predatori del mare.»

Dall’Introduzione di Giulio Giorello

 

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