Irwing Welsh – La casa di John il sordo

7,00 

Editore: Sellerio
Formato: Brossura
Anno edizione: 1997
Condizioni:  Buono stato
Pagine: 201

«Il mio problema con la letteratura proletaria è che mi sorprendo a considerarla come una forma di letteratura pastorale». Questo celebre verdetto – pronunziato più di sessant’anni fa da William Empson – vuole che, per quanto truci possano essere le storie che racconta, la narrativa della «gente che lavora» britannica riposi sempre sull’idealizzazione della schietta umanità di una classe sociale cui l’autore non ha peraltro alcuna voglia di mescolarsi o (se ne proviene) di far ritorno. L’ipotesi è assai suggestiva – ancorché formulata in modo da non poter essere confutata – ma non ha impedito, nel dopoguerra, il rigogliare della working class fiction; il cui ramo scozzese (George Friel, Gordon Williams, e oggi soprattutto James Kelman) ha un carattere particolarmente agro e disilluso. Allo sbocco di questa tradizione, Irvine Welsh ne perpetua il pessimismo e ne porta in superficie le potenzialità comiche, spostando l’azione dalla canonica Glasgow alla sua Edimburgo, boriosa al modo in cui sanno essere le ex-capitali. Contaminazione di strada e libro, La casa di John il Sordo pare comunque voler sfuggire al teorema empsoniano alludendo ad una condizione generale di eclissi del dover essere. E, strada facendo, Welsh si diverte a sbugiardare tutta una serie di miti correnti: la professionalità e il miraggio della promozione sociale, l’ipersessualismo tronfiamente predatorio, la religione nazionale del calcio, la politica di una sinistra paternalista o velleitaria, infine il consumo di oppiacei e allucinogeni, frenetico rimescolamento del solito mazzo di carte, che non reca alcuna rivelazione.

Esaurito

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